La storia del tartan

Capita spesso che il tradizionale significato di una parola arrivi ad abbracciare poi un maggior numero di elementi, cosa che è successa anche con la traduzione del termine “Tartan”. Infatti, mentre inizialmente con questa parola si faceva riferimento al particolare disegno del kilt scozzese, realizzato con un tessuto di lana, oggi comprende tessuti diversi ed anche delle forme variegate del disegno originale. Ecco che il caratteristico disegno con i riquadri spezzati e formati da righe di colore differente, tipico del gonnellino degli uomini in Scozia, si è esteso tanto all’abbigliamento internazionale maschile, tanto a quello femminile. Ma, come sappiamo, non mancano poi anche le stoffe di arredamento, come tappezzeria e tendaggi per esempio, con motivo tartan.
Per essere precisi il disegno del taglio tartan si chiama “sett” e si ripete su tutto il tessuto con una frequenza che potremmo definire stabilita. Ad oggi sono quasi 50 le varianti disponibili, tutte con caratteristiche precise, colori diversi, oltre che un nome identificativo. Parliamo di identificazione in quanto i primi 33 sett presenti nel XVI secolo avevano un compito ben preciso: distinguere le 33 “casate” delle Highlands della Scozia, vale a dire le regioni scozzesi. Ogni abitante di ciascuna regione si riconosceva quindi in base alla stoffa tartan che indossava.
La storia del tessuto inizia quindi con un motivo di identità nazionale, ma non inizia con il gonnellino che conosciamo. Pare infatti che in origine gli uomini scozzesi portassero semplicemente un grande scialle di lana tartan e che lo tenessero stretto in vita con una cintura, accessorio che dava quindi alla parte bassa del tessuto le sembianze di una gonna.
Un altro dato curioso circa la storia di questo tessuto si rintraccia nel suo divieto. Da sempre grande motivo di orgoglio nazionale, nel 1745 dopo la sconfitta del principe Carlo Edoardo Stuart avvenne una rivolta e vennero approvate molte leggi, tra qui l’“Act of Proscription” che prevedeva l’interdizione del costume tradizionale. Vent’anni più tardi, precisamente nel 1765, al tartan venne ridata la propria ufficialità, diventando quindi la divisa degli Highland Regiments.
Ma a rendere il tartan uno status symbol in realtà ci pensa la Regina Vittoria, sfoggiandolo a partire dal 1800 in occasione dei soggiorni a Balmora insieme al marito Alberto. Associato dunque all’alta società, nel corso del secolo scorso il tartan è stato associato a mode e tendenze differenti. Per esempio dopo la seconda guerra mondiale il tartan, ma anche lo stesso kilt, diventa un capo popolare, indossato tanto dalle persone comuni tanto dalle star di Hollywood. Negli anni ’70 il tartan viene rivisto in chiave punk e la sua essenza, prima vista come elemento bon ton, appare come un simbolo di ribellione. Nel decennio successivo, invece, fa il suo ingresso nelle passerelle il pantalone tartan; è dunque a partire dagli anni ’80 che l’abbigliamento tartan ha rotto con i confini del kilt e si è tradotto in tanti capi di vestiario differenti. Infine, negli anni ’90, quando le band musicali come i Nirvana e i Pearl Jam erano al vertice del successo, il tartan diventa grunge, viene spesso utilizzato in un mix di sovrapposizioni, cosa che si è mantenuta abbastanza fino ad oggi. Infatti, le varie tendenze raccontate finora hanno inevitabilmente influenzato il tartan, che è oggi considerato un tessuto dal gusto retrò. I fashion designer lo apprezzano ed utilizzano per creare dei look non convenzionali, originali, che danno vita molto spesso a contrasti in quanto si tratta di un mix di stili e non di uno stile unico e ben definito.